Corso di chimica generale ed inorganica 27 - l'elettrochimica Sappiamo che esistono sostanze che
conducono la corrente elettrica. Le migliori sono i metalli (lo si
capisce ricordando le caratteristiche del legame
metallico), detti conduttori di I specie: se sottoposti a una ddp
(differenza di potenziale), in essi avviene passaggio di elettroni, che trasportano
cariche, ma non materia. L'intensità della corrente elettronica
dipende dalla resistenza R del conduttore. Altre sostanze sono gli elettroliti, le cui soluzioni trasportano corrente,
con trasferimento anche di materia, mediante gli ioni; sono detti conduttori di II
specie. A questa classe appartengono anche i sali fusi e alcuni liquidi puri (come
acido solforico puro e ammoniaca liquida, che presentano il fenomeno dell'autoprotolisi come l'acqua). L'esistenza di ioni positivi e negativi
è stata postulata da Arrhenius nel 1883 (Nobel 1903). Nel 1889 egli osservò che la velocità delle
reazioni chimiche aumenta al crescere della temperatura con ritmo proporzionale alla
concentrazione delle molecole attivate. Nel 1895 Arrhenius divenne professore ordinario di
chimica all'università di Stoccolma e nel 1905 presidente dell'Istituto Nobel per la
chimica e la fisica. Tra i riconoscimenti dei quali fu insignito ricordiamo il premio
Nobel per la chimica, ottenuto nel 1903. Scrisse opere di chimica fisica, chimica
biologica, elettrochimica e astronomia. (da Enciclopedia
Microsoft Encarta) Gli elettroliti forti (sali,
idrossidi alcalini e alcalino-terrosi, che sono ionici anche nello stato solido, acidi
forti, etc.), in soluzione acquosa sono dissociati completamente, o quasi, in ioni. Gli elettroliti deboli invece sono
poco dissociati (per esempio molti acidi organici). L'acqua è un ottimo solvente per
sostanze ionizzabili purché la solvatazione
porti ad un guadagno energetico che compensi l'energia di rottura dei legami attrattivi
che esistono in fase solida. Potremo perciò avere, per molecole
polari (anche se a struttura covalente, non ionica) una reazione di dissociazione,
favorita dall'acqua, che può essere totale o parziale. HCl
+ H2O
¨ H3O+
+ Cl-
totale NH3
+ H2O ¨ NH4+
+ OH-
parziale H2SO4
+ H2O ¨ H3O+
+ HSO4-
totale HSO4-
+ H2O ¨ H3O+
+ SO42-
parziale Gli ioni sono solvatati da altre molecole
di acqua. Se in una soluzione di elettroliti
immergiamo due lamine metalliche e ad esse imponiamo una forza elettromotrice
fem (o differenza di potenziale ddp), si ha passaggio di
corrente e, alle due lamine, che si chiamano elettrodi, avvengono processi chimici. Gli ioni positivi (cationi) vanno
verso il catodo che si trova a potenziale elettrico più basso (catodo
dal greco kata = sotto). Gli ioni negativi (anioni)
verso l'anodo, a potenziale più alto (anodo dal greco ana = sopra). All'interfaccia catodo-soluzione si ha
una riduzione (assorbimento di elettroni e-); all'anodo invece ossidazione
(cessione di elettroni). Gli elettroni ceduti, sotto l'effetto
della forza elettromotrice passano dall'anodo verso il catodo attraverso
un circuito metallico esterno e seguono perciò un percorso da destra a sinistra. Avremo così un flusso di cariche
elettriche che avviene in parte nel circuito esterno (elettroni) e in parte in soluzione
(ioni). Le reazioni che avvengono sono: riduzione (al catodo)
Mn+ + n e- ® M Alcuni ioni metallici (Ag+,
Cu++, etc.) possono depositarsi sul catodo. In presenza di acidi, idrossidi, sali
di metalli alcalini e alcalino-terrosi, può essere l'acqua a subire la
riduzione:
2 H2O + 2 e- ® H2 + 2 OH- ossidazione (all'anodo)
M ® Mn+ + n e- Questo tipo di reazione avviene se
l'anodo è costituito da un metallo attaccabile (che possa perciò passare in soluzione
sotto forma di ioni). Se si tratta di alogenuri X
(escluso però il fluoro F), in soluzione avviene la reazione:
2 X- ® X2
+ 2 e- Se l'anodo è costituito da un metallo
"nobile" (come Pt, Au, etc.) e se non ci sono anioni che si possano scaricare
facilmente, è l'acqua a subire l'ossidazione:
2 H2O ®
Questo processo si chiama elettrolisi e può avvenire anche in assenza di solvente, per esempio nei sali fusi, purché esistano ioni in grado di muoversi (NaCl, HgCl2, KBr, NaOH, etc.). Per esempio, per NaCl fuso (e in assenza di ossigeno e di acqua!) si hanno le seguenti reazioni: al catodo: Na+ + e- ® Na all'anodo 2 Cl- ® Cl2 + 2 e- L'elettrolisi di NaCl permette, con catodo di Hg, di ottenere Na metallico in amalgama, cosa impossibile in acqua, poiché si ridurrebbe H2O dando H2 anziché il metallo desiderato. Ricordando che la carica elementare è 1,602 x 10-19 C (C = Coulomb, unità di misura elettrica) e che una mole contiene 6,022 x 1023 unità, per un metallo monovalente occorrerà una quantità di elettricità = 1 mole di elettroni = 96486,7 C Approssimando, definiamo questa quantità di elettricità Faraday F 1 F = 96500 C La stessa quantità basterà solo per 0,5 moli di metallo bivalente e così via.
Michael Faraday
(da Enciclopedia Microsoft Encarta)
Le leggi stechiometriche di Faraday sulla elettrolisi sono del 1834 1) la quantità di elettrolita decomposto durante l'elettrolisi è proporzionale alla quantità totale di elettricità Q = i Dt in cui i è l'intensità di corrente, Dt è il tempo per cui essa circola. 2) la massa di ogni specie chimica trasformata ad ogni elettrodo per il passaggio di 1 F di elettricità è uguale al prodotto della massa molare, per il coefficiente di reazione, diviso il numero di elettroni scambiati (è perciò proporzionale alla massa equivalente).
Abbiamo visto così che l'energia elettrica può portare a trasformazioni chimiche; ma è possibile trasformare energia chimica in energia elettrica? Possiamo far avvenire delle reazioni redox (di ossidoriduzione) in una apparecchiatura controllata, detta cella elettrochimica o pila. Se mettiamo una lamina di zinco Zn in una soluzione di solfato di rame CuSO4 (che è di colore blu dovuto ad un complesso di Cu++ con l'acqua), Zn si ricopre progressivamente di polvere rossastra, mentre la soluzione scolora. Avviene cioè la reazione: Zn + CuSO4 ® Cu + ZnSO4 La polvere è Cu che si riduce (assorbendo elettroni dalla lamina di Zn); la soluzione scolora poiché diminuisce la concentrazione di ioni Cu++ (che, solvatato, è blu). Contemporaneamente Zn deve ossidarsi a Zn++ e passa in soluzione (anche se questo processo non è visibile, dato che Zn++ è incoloro. In base a queste considerazioni, proviamo a costruire una "pila" per sfruttare l'energia chimica del processo che, come si è visto, avviene spontaneamente; per far questo è necessario mantenere separati i due processi di ossidazione e riduzione.
In questo modo, costruendo la pila, abbiamo praticamente separato la reazione Zn + CuSO4 ® Cu + ZnSO4 in due reazioni parziali: all'anodo (osssidazione): Zn ® Zn++ + 2 e- al catodo (riduzione): Cu++ + 2 e- ® Cu ed abbiamo potuto così mettere in evidenza che avviene una trasformazione di energia chimica in energia elettrica; se le due reazioni fossero avvenute nella stessa soluzione avremmo avuto una meno evidente (e meno interessante) trasformazione di energia chimica in energia termica.
Ognuno dei due elementi che costituiscono la pila sono detti semielementi. Praticamente tutte le reazioni redox spontanee possono generare energia elettrica. Se invece di sfruttare le reazioni per ottenere energia elettrica, fornissimo noi l'energia elettrica, invertendo la direzione del flusso elettronico, potremmo far avvenire la reazione inversa. E' possibile perciò far avvenire anche reazioni non spontanee (elettrolisi).
Chiamiamo catodo l'elettrodo sul quale avviene la riduzione, anodo quello su cui avviene l'ossidazione (esattamente come nell'elettrolisi). La fem generata (a circuito esterno interrotto, altrimenti non la potremmo misurare poiché cambierebbe continuamente) è una misura della tendenza della reazione ad avvenire ed è perciò collegabile, parlando in termini di termodinamica delle reazioni, al DG della trasformazione (come vedremo in seguito). Se DG = 0 anche fem = 0 (perciò un sistema in equilibrio non può generare energia elettrica).
E' possibile costruire pile anche con metalli nobili, detti elettrodi inerti, immersi in soluzioni contenenti le forme ossidata e ridotta di una stessa specie chimica (Fe2+/Fe3+, Sn2+/Sn4+, Mn2+/MnO4-, etc.).
Altre pile si possono costruire utilizzando dei gas a contatto con elettrodi inerti; un esempio è l'elettrodo standard a idrogeno.
Il potenziale di un elettrodo è misurato in volt e dipende dalle concentrazioni delle forme Ox (ossidata) e Red (ridotta), secondo la relazione di Nernst
Per una reazione generica Ox + ne- ® Red la relazione di Nernst è la seguente in cui: E è il potenziale dell'elettrodo ed E° il suo potenziale normale, cioè il potenziale dell'elettrodo in condizioni standard (concentrazione 1M per tutte le specie in soluzione, pressione 1 atm per i gas; T=25°C; metalli puri; sali poco solubili presenti come corpo di fondo); ed inoltre: R = 8,313 (J mol-1 K-1); F = 96500 (C); T = 298,16 (K) (cioè 273.16 + 25); n = numero di elettroni in gioco Per convenzione si scrive così un potenziale di riduzione, in base alla reazione indicata sopra. Normalmente usiamo sempre gli E di riduzione. Il potenziale di ossidazione (reazione inversa) sarebbe eguale, ma di segno opposto.
Gli E° sono tabulati e, se riferiti a reazioni in cui compaiono gli elementi con stato di ossidazione 0, la sequenza viene chiamata serie elettrochimica degli elementi.
Fig.27.7 Serie elettrochimica degli elementi: comprende quasi tutti gli elementi più comuni nei loro stati di ossidazione più abituali. La freccia indicata non è doppia (benché le reazioni siano sempre possibili anche in senso contrario) poiché consideriamo sempre la reazione di riduzione.
Ma sono stati determinati gli E° per moltissimi altri sistemi redox, che non coinvolgono direttamente gli elementi allo stato di ossidazione 0. Nella tabella successiva ne vengono riportati alcuni.
Fig.27.8 Scala dei potenziali normali per una serie di reazioni abbastanza comuni.
Mano a mano che aumenta E°, aumenta la capacità ossidante del sistema che, se in condizioni standard, potrà ossidare tutti i sistemi con E° inferiore, se in condizioni standard anch'essi. Se il sistema, come succede quasi sempre, non è in condizioni standard, occorre calcolare il potenziale effettivo dei sistemi in gioco utilizzando la relazione di Nernst per sapere quale dei due elettrodi sia il più ossidante (cioè con potenziale più alto).
Dagli E° è possibile risalire alla K di equilibrio della reazione chimica totale che avviene nella pila. Infatti, per la reazione generica a A + b B ¬® c C + d D la variazione di energia libera per a moli di A che hanno reagito sarà Per una pila reversibile (cioè con intensità di corrente erogata tendente a zero), il lavoro elettrico compiuto è -DG che è uguale a E (in cui E è la differenza di potenziale, ddp) per la carica passata (cioè nF).
L'utilità dei metodi elettrochimici è enorme: permette, per esempio, di determinare il pH di una soluzione (si può perciò seguire una titolazione) misurando la fem di una pila formata da un elettrodo di riferimento e da un elettrodo sensibile alla concentrazione [H3O+]. Per far questo, invece dell'elettrodo a idrogeno, poco pratico, si preferisce usare l'elettrodo a vetro (detto anche "a membrana"). Infatti, su una sottile membrana di certi vetri si crea una ddp se esso separa due soluzioni a diversa [H3O+].
Praticamente il sistema è formato da una soluzione a [H3O+] = costante (cioè tamponata) e di un elettrodo di riferimento interno (Ag/AgCl/Cl-); la E di quest'ultimo dipende da [Ag+], che è però condizionata dal prodotto di solubilità di AgCl, KPS AgCl. Fig.27.10 Potenziale o fem di un elettrodo di riferimento Ag/AgCl/Cl-
Altri elettrodi di riferimento possono essere quelli a calomelano di schema (Hg/Hg2Cl2(sat), KCl(xM)), il cui E dipende da [Cl-], che può essere , per esempio, O,1M, 1M o saturo di Cl- con KCl solido presente al fondo.
Stiamo parlando, da un po' di tempo, di "misure di fem di una pila"; ma come si può determinare la fem di una pila? Innanzitutto occorre operare in condizioni di reversibilità termodinamica, cioè senza passaggio di corrente (altrimenti variano le concentrazioni e, di conseguenza, gli E) e senza allontanarsi troppo dalle condizioni di equilibrio (DG=0), altrimenti la relazione di Nernst non è più valida.
Per la misura si usa uno strumento chiamato potenziometro.
Col potenziometro si bilancia la fem incognita con una fem nota, in modo che non passi corrente; il metodo è detto metodo di opposizione o di Poggendorf. Quando, variando la resistenza R e in base alla relazione V =R i, (differenza di potenziale V uguale al prodotto della resistenza R per l'intensità della corrente i) si è tarato il reocordo AO in modo da conoscere la ddp tra i due estremi A e O, il puntatore P del reostato individua in ogni momento una ddp proporzionale alla lunghezza del tratto AP, lunghezza che chiameremo lAP. Operando con la cella incognita C si individua un tratto AP. Tutte le operazioni debbono avvenire evitando al massimo qualsiasi passaggio di corrente, per non modificare le ddp delle celle. Possiamo dire che Ecella = i RAP; cioè la ddp della cella è proporzionale a i e alla resistenza del tratto AP. Ma poiché non conosciamo i, sarà necessario prendere come riferimento un'altra cella di ddp nota, come la cella Weston; con questa individueremo un tratto AW tale che EWeston = i RAW. Tenendo presente che la resistenza di un filo calibro è proporzionale alla sua lunghezza l, potremo dire che: RAP/RAW = lAP/lAW Dividendo ora membro a membro, avremo che: Ecella/EWeston = RAP/RAW = lAP/lAW e da questa: Ecella = EWeston lAP/lAW
Ricordiamo le convenzioni da seguire quando si parla di celle elettrolitiche (nelle quali si effettua una elettrolisi fornendo energia) o di celle galvaniche (nelle quali si sfrutta una reazione spontanea per ottenere energia).
Fig.27.13 Convenzioni per celle elettrolitiche e galvaniche In una cella galvanica il catodo (+) è quello costituito dal sistema a potenziale più alto, perciò più ossidante; al catodo si avrà perciò riduzione: la sottrazione di elettroni dall'elettrodo lo rende positivo; all'anodo invece si avrà ossidazione: gli elettroni lasciati sull'elettrodo lo rendono negativo.
E' ovvio però che un semielemento potrà comportarsi da catodo o da anodo a seconda del semielemento che gli viene accoppiato. Se abbiamo a disposizione per esempio i tre semielementi (1) Cu++/Cu E° = +0,377 (2) Zn++/Zn E° = -0,763 (3) Ag+/Ag E° = +0,799 potremo ottenere 3 accoppiamenti diversi in cui un semielemento può assumere la funzione di anodo o di catodo in base al potenziale dell'altro semielemento:
Si nota che, mentre il semielemento Zn++/Zn, che possiede E° più basso, funziona, in questi esempi, sempre da anodo, il semielemento Cu++/Cu funge da catodo nel primo caso e da anodo nel terzo. Se la differenza fosse negativa, occorrerebbe invertire le posizioni, in modo che sia sempre l'anodo a sinistra e il catodo a destra. Sia nella cella elettrolitica sia nella galvanica, i cationi si muovono sempre dall'anodo verso il catodo, gli anioni viceversa, o per reagire sull'elettrodo o, quantomeno, per equilibrare la densità di cariche positive e negative nella soluzione.
Si possono costruire celle galvaniche anche con due semielementi che differiscono tra loro solo per la concentrazione della soluzione: sono dette pile a concentrazione. (Notare anche la simbologia che si usa nel descrivere graficamente una pila: il simbolo / indica una interfaccia, generalmente metallo/soluzione; il simbolo // indica la separazione tra due soluzioni e corrisponde, praticamente, al ponte salino; tra parentesi la concentrazione dello ione nella soluzione). Un esempio di pila a concentrazione può essere: Zn / Zn++(0,001 M) // Zn++(1 M) / Zn E = E2-E1 = E°Zn++/Zn + 00,59/2 lg [Zn++]2 - E°Zn++/Zn + 00,59/2 lg [Zn++]1 E = 00,59/2 lg [Zn++]2 / [Zn++]1 = 0,0295 lg 103 = 0,0885 V La fem non dipende da E° né, perciò, dal sistema scelto, ma solo dal rapporto delle concentrazioni.
Le celle galvaniche sono utilizzate come sorgenti portatili di energia elettrica. Ne vengono usati molti tipi, alcuni anche "ricaricabili" (è possibile cioè, mediante una sorgente di energia esterna, provocare una elettrolisi che ristabilisce le condizioni iniziali).
Di questo tipo le più note sono le batterie al piombo. Il nome "batteria" dipende dal fatto che si tratta di più celle collegate in serie; in questo caso la cella eroga una ddp di 2V, perciò 6 celle in serie portano ad una ddp di 12V (le batterie comunemente usate nelle automobili erogano infatti 12 volt; in alcuni casi, quando serve una ddp di 24 volt, occorrerà avere 12 celle, oppure collegare in serie due batterie da 12 V). L'anodo è costituito da elettrodi di Pb, sui quali avviene la reazione: Pb(s) + SO4-- ® PbSO4 (s) + 2 e- Il catodo da elettrodi a PbO2: PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- + 2 e- ® PbSO4 (s) + 2 H2O Nella reazione totale, che si ottiene sommando membro a membro le due precedenti (operativamente corrisponde all'utilizzo della energia elettrica erogata, perciò alla scarica progressiva della batteria), diminuisce la [H2SO4], perciò anche la densità del liquido; ciò permette di controllare facilmente lo stato di carica della batteria mediante un semplice picnometro (operazione che esegue l'elettrauto quando controlla lo stato di carica della batteria dell'auto). La reazione totale è: Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- ® 2 PbSO4 (s) + 2 H2O Il vantaggio di queste batterie (nonostante il peso elevato) è che sono ricaricabili, cioè reversibili, ed hanno una lunga durata: applicando una sorgente di energia esterna (dinamo o alternatore) in senso opposto, si può invertire la reazione, operando cioè una elettrolisi: 2 PbSO4 (s) + 2 H2O ® Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- In effetti è corretto, dato che la batteria è reversibile, scrivere la reazione totale, così: Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- ¬® 2 PbSO4 (s) + 2 H2O
Altre celle usate comunemente, anche per la loro economicità, sono quelle dette pile a secco, anche se non sono veramente "a secco", ma contengono l'elettrolita in un sistema gelatinoso. La più comune è la pila zinco-carbonio
La pila alcalina, che ha capacità maggiore ed eroga una ddp di 1.54 V, lavora in ambiente basico; le reazioni sono: all'anodo Zn (s) + 2 OH- ® ZnO (s) + H2O + 2e- al catodo 2 MnO2 (s) + H2O + 2 e- ® Mn2O3 (s) + 2 OH- totale Zn (s) + 2 MnO2 (s) ¬® ZnO (s) + Mn2O3 (s)
Un'altra pila è la pila nichel-cadmio, usata per calcolatori elettronici e piccoli apparecchi elettrici, che eroga una fem di 1.4 V e le cui reazioni sono: all'anodo Cd (s) + 2 OH- ® Cd(OH)2 (s) + 2e- al catodo NiO2 (s) + 2 H2O + 2 e- ® Ni(OH)2 (s) + 2 OH- totale Cd (s) + NiO2 (s) + 2 H2O ¬® Ni(OH)2 (s) + Cd(OH)2 (s)
Ci sono poi pile miniaturizzate di vario tipo, ma con una struttura fisica come quella schematizzata nella figura seguente:
Simile alla precedente è la pila a ossido d'argento, piuttosto costosa, le cui reazioni sono: all'anodo Zn (s) + 2 OH- ® Zn(OH)2 (s) + 2e- al catodo Ag2O (s) + H2O + 2 e- ® 2 Ag (s) + 2 OH- totale Zn (s) + Ag2O (s) ¬® Zn(OH)2 (s) + 2 Ag (s) Il vantaggio, rispetto alla precedente, è che la fem è di 1,5 V esatti. Si continua a progettare e a sperimentare nuovi tipi di pile a secco, perché la possibilità di poter disporre di sorgenti di energia elettrica trasportabili è diventata una delle esigenze maggiori del mondo attuale (basti pensare ai computer portatili, ai telefoni cellulari, alle telecamere, ecc.); gli obiettivi maggiori sono quelli di poter disporre di pile leggere, ad alte capacità e stabilità e possibilmente reversibili (alta durata). prima lezione, ti prego di registare i tuoi dati completando il modulo di uscita (basterà fare un clic sul pulsante "registrati")... nel modulo potrai anche scrivere le tue osservazioni. |